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Oderstrasse
Manifesto artistico

1 - LINGUAGGI. Diversi tipi di linguaggio convergono nella creazione dei nostri spettacoli: corpo, parola, canto, trucco, costume. Utilizziamo queste modalità espressive come strumento di comunicazione tra gli attori in scena, alternativo al quotidiano.

 

2 - CORO. Scenicamente, lavoriamo con un approccio corale. Gli attori in scena agiscono come una vera e propria orchestra. Per la buona riuscita della melodia, è importante che tutti i “musicisti” siano in accordo tra loro, che siamo sempre coscienti della loro presenza sul palcoscenico, che si ascoltino vicendevolmente e che condividano un comune senso del ritmo scenico.

La scena è una macchina che può funzionare solo se tutti gli ingranaggi si incastrano e lavorano bene tra di loro. Ognuno può diventare in un certo momento corifeo, o può cercare di ribellarsi al gruppo, ma poi ne viene riassorbito. Non è un gruppo di individui che va a formare un coro, ma è un coro che, lavorando collettivamente, valorizza i suoi individui.

Crediamo che questa modalità corale abbia a che fare con alcuni aspetti della nostra società: individuo e gruppo sono due forze in equilibrio precario.

 

3COMUNITA'. Siamo interessati ad un teatro che sia espressione della comunità. Nelle nostre vite di persone occidentali, siamo quotidianamente esposti a fenomeni di esaltazione dell’individualità. In teatro cerchiamo invece di creare una dimensione di recupero e di discostamento dall’individuo. Cerchiamo quindi di concentrarci su delle pratiche collettive e di comunità.

Focalizzarsi sull’esperienza corale, non significa tuttavia eliminare o omologare l’individuo; anzi, tutto il contrario. Si tenta di contemplare la nostra condizione di individui da un altro punto di vista: imparare a conoscere se stessi, a partire dal confronto con gli altri. Attraverso lo scambio con “l’altro da me”, ritrovo me stesso. Da soli siamo persi, guardandoci intorno ci riorientiamo.

 

4 - CORO E COMUNITA'. Mettiamo al centro della nostra ricerca il coro, perché crediamo che abbia molto a che fare con il concetto di comunità. Nell’antico teatro greco, il coro era l’espressione della città; esso ne esponeva i tormenti, le credenze e le angosce. Così anche noi, nella creazione dei nostri lavori, partiamo mettendo al centro del discorso qualcosa che turba, problematizza, angoscia la nostra esistenza.

Un gruppo di attori, una comunità, agisce e comunica sul palcoscenico. Gli spettacoli dunque avvengono sempre “in presenza” di qualcuno e mai “per” qualcuno. Il pubblico ha un ruolo di testimone attivo nei confronti della rappresentazione. Ciò non toglie la possibilità di aprire dei momenti di dialogo tra palco e platea, dei momenti di coinvolgimento diretto, sempre però attraverso il filtro della rappresentazione, di un’attività extra-quotidiana.

 

5 - CLASSICI. I nostri spettacoli sono basati su testi classici del repertorio teatrale e letterario. Il desiderio di creare uno spettacolo nasce sempre da un precedente incontro con un materiale testuale. Il testo classico è uno strumento che ci permette di confrontarci con alcuni aspetti della fragilità umana, applicando però il filtro della rappresentazione. È come se qualcosa ci impedisse di affrontare direttamente e frontalmente la realtà. C’è come un rifiuto dello sguardo. Il testo classico, le parole di altre persone, di altri autori diventano quindi un mezzo per guardare il mondo di oggi compiendo una scarto, entrando dalla porta laterale, parlando di qualcosa che ci riguarda, senza parlare di qualcosa che ci riguarda. Abbiamo la sensazione che l’uomo, per confrontarsi con i lati oscuri dell’esistenza, abbia bisogno di indossare una maschera, un altro da sé, un filtro appunto.

Crediamo che il teatro non debba aver alcuna intenzione nei confronti della società. Non c’è nulla di intelligente da dire, non c’è niente da spiegare o a cui rispondere e non c’è nessuna consolazione da offrire. Il teatro può solo rappresentare sintomaticamente la società, discostandosi però da essa, emancipandosi, facendo uno scarto. Il testo classico ci da la possibilità di avere questa giusta distanza.

 

6PRATICA. L’attore, per svolgere al meglio la sua professione, necessita di una pratica costante. Attori, registi, drammaturghi, al di fuori dei momenti lavorativi su un progetto specifico, devono trovare forme di laboratorio permanente per coltivare la propria formazione in maniera costante; per ricercare nuovi stimoli e nuove forme espressive, per approfondire dei campi di interesse, per farsi suggestionare e rigenerare artisticamente dalla presenza di colleghi provenienti da esperienze e situazioni diverse.

Crediamo infatti che lo studio e la formazione non siano solo una fase relativa agli inizi del percorso artistico, ma al contrario, siano un processo, una messa in discussione, una continua trasformazione.

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